Banner von Krustenkranz


Rudolph van Richten

Dr. Rudolph Van Richten
Dr. Rudolph Van Richten

Rudolph van Richten è stato il più celebre cacciatore di non-morti della Storia. Nato a Rivalis, nel Darkon - un ampio territorio che si estende nella parte settentrionale di Ravenloft - discendeva da una delle famiglie più blasonate della regione. Sposò ancora giovane il suo primo amore, Ingrid, da cui ebbe un figlio, Erasmus, che fu rapito in tenera età dal Clan dei Radanavich e trasformato in un vampiro dal Barone Metus. 

La tragedia contribuì a trasformare van Richten in un implacabile ammazzavampiri. 

Richten House
Richten House

Pochi anni dopo un altro lutto, la morte dell'adorata Ingrid, in seguito a una lunga malattia. Rudolph avvertì il bisogno di abbandonare il Darkon, dove il ricordo della serenità familiare irrimediabilmente perduta si era fatto ormai insostenibile, intraprendendo un lungo viaggio che lo avrebbe portato lontano dal suo luogo d'origine. Secoli prima i membri della sua casata avevano imparato a muoversi attraverso le dimensioni, e avevano stabilito una serie di possedimenti extradimensionali lontano da Ravenloft. Rudolph scelse di stabilirsi nella tranquillità della Richten Haus del Faerun, dove trascorreva i periodi di riposo tra un'avventura e l'altra. Alcuni anni più tardi sposò in seconde nozze la nobildonna lady Rowena. Da quell'unione nacquero otto figli - quattro maschi e quattro femmine: Manfred, Liselotte (detta Lotte), Banner (detto Banner), Denner, Annelore, Lisbeth, Margarete (detta Gretchen) e UIrich (Ueli).

L'infanzia di Banner

Viziato e coccolato, immerso nel lusso e in ogni genere di comodità, il piccolo Banner viveva la più piacevole delle infanzie. Tutto cambiò quando un acerrimo avversario di van Richten, un vampiro del Clan dei Radanavich, in qualche modo riuscì a compiere a sua volta il viaggio extradimensionale e a raggiungere il Faerun; lady Rowena cadde nelle sue grinfie e fu vampirizzata. A van Richten non restò che porre fine alle sofferenze di sua moglie piantandole un paletto nel cuore. La vendetta che seguì nei confronti del vampiro dei Radanavich fu tremenda. Da quel momento van Richten si gettò con ancor più accanimento nella missione di estirpare i non-morti dalla faccia di ogni mondo conosciuto, intraprendendo una lunga serie di imprese che lo resero celebre ovunque.

La giovinezza

Senza più una madre e con un padre quasi sempre assente dalla sua vita, Banner crebbe senza punti di riferimento in famiglia, sviluppando un'indole egoista e altezzosa, sfoggiando continuamente un atteggiamento di sprezzante superiorità nei confronti di tutto ciò che non era all'altezza sua e del ceto a cui apparteneva. Rudolph si risposò una terza volta, principalmente affinché i figli potessero avere in casa una figura materna. Lady Irmhilde era una brava donna, la sua affabilità e la sua gentilezza le permisero di conquistare in poco tempo l'affetto di molti dei suoi figli adottivi: ma non quello di Banner, che la trattò sempre con indifferenza mista a un mai troppo velato disprezzo.

Banner crebbe senza punti di riferimento in famiglia, sviluppando un'indole egoista e altezzosa 

precettore Müller
precettore Müller

Iniziò presto i suoi studi, seguito dal precettore Müller, che si occupava dell'istruzione dei pargoli di van Richten. Per Banner - terzogenito della famiglia - si prospettava una carriera ecclesiastica come chierico di Sarenrae, il cui culto era piuttosto diffuso nei territori di cui facevano parte i possedimenti dei van Richten. Ma egli già in giovane età aveva cominciato a manifestare un profondo rigetto nei confronti delle religioni costituite: al tentativo della sua famiglia di fargli indossare gli abiti talari del culto di Sarenrae, reagì così in modo violento: appiccando il fuoco alla cappella devota alla dèa di uno dei villaggi limitrofi. L'incidente (per così dire) fu prontamente insabbiato grazie anche a un lauto risarcimento sborsato dai van Richten ai sacerdoti sarenraeriani: Banner se la cavò così senza conseguenze grazie al nome e al prestigio della sua famiglia.

Primi approcci di Banner con la religione
Primi approcci di Banner con la religione

Un importante evento della sua gioventù fu il decisivo incontro con un tale che si faceva chiamare Doktor Magnus, un ciarlatano che viaggiava di villaggio in villaggio con il suo carrozzone, dando spettacoli di magia e alimentando voci secondo le quali i suoi poteri gli furono donati da un patto con un potente demone. Banner rimase affascinato dall'effetto di meraviglia e, soprattutto, di timore superstizioso che quell'uomo incuteva nella plebe; decise così di offrirgli protezione. Scoprì così che Magnus non era un vero mago, ma un praticante della disciplina chiamata alchimia. Banner si avvicinò per la prima volta a quella che sarebbe diventata l'attività principale della sua vita.

L'assedio dei Predatori del Plenilunio

Un giorno, van Richten era assente, il castello fu preso d'assalto da un manipolo di suoi avversari - una compagnia formata da quattro non-morti eterogenei che agivano solo nelle notti di luna piena - un vampiro, un licantropo, uno zombie e una mummia: erano i famigerati Predatori del Plenilunio. Van Richten gli stava dando parecchio filo da torcere e, in un tragico copione che sembrava destinato a ripetersi, i suoi nemici avevano deciso di vendicarsi di lui trasversalmente prendendo di mira la sua famiglia; i Predatori, dopo aver diffuso il panico nei villaggi della zona, assediarono il castello; tuttavia van Richten, memore di quanto accaduto in passato a Erasmus e a Rowena, aveva preso le sue contromisure, assoldando alcuni avventurieri esperti che, in sua assenza, agivano in incognito nei pressi della Richten Haus per difenderla nell'eventualità di un attacco dei non-morti. L'assalto fu così respinto con poche perdite; un ancor giovane Banner partecipò alla difesa del castello dando un (benché marginale) contributo, così come i suoi fratelli e sorelle; si trattò per loro di un vero e proprio battesimo del fuoco. Dopo che la minaccia fu scongiurata, gli avventurieri assoldati da van Richten si ritirarono nell'ombra, e a raccogliere gli elogi furono soltanto i figli di Rudolph, celebrati come eroi dalla gente del posto (probabilmente anche oltre i loro effettivi meriti).

L'incendio al castello

I vizi di Banner
I vizi di Banner

Per Banner si aprì un piacevolissimo capitolo della sua esistenza fatto di feste e bagordi. Scoprì due nuove passioni che rivaleggiavano con quella che aveva sviluppato per l'alchimia: l'alcol e le fanciulle - che il fatto di appartenere a una casata prestigiosa rendevano ben più disponibili. Si godeva la vita. Non altrettanto bene procedevano i suoi studi: cacciato da tutte le scuole d'élite a cui la famiglia lo aveva iscritto, era entrato in una fase in cui i suoi sforzi erano finalizzati principalmente alla mescita di nuove droghe da sperimentare su se stesso o, meglio ancora, sulle amicizie di cui si circondava. Durante uno dei suoi rari periodi al castello, Rudolph van Richten fu messo di fronte all'evidenza che suo figlio Banner aveva preso una brutta deriva: la goccia che fece traboccare il vaso fu la scoperta che Banner aveva dato inizio a un commercio di sostanze stupefacenti, una dose delle quali aveva quasi condotto alla morte una giovane contadina di uno dei villaggi che godevano della protezione della Richten Haus. Peggio ancora, Banner quelle droghe le aveva prodotte in un laboratorio che aveva allestito segretamente nella cripta di famiglia, a giusto un paio di metri dalla tomba di mamma Rowena. Van Richten non la prese bene. Fu l'inizio di un rapporto padre-figlio difficile e contraddistinto, le rare volte in cui i due si incontravano, da continue e feroci discussioni. Oltretutto il fratello minore Denner aveva cominciato a emularlo, approcciandosi anch'egli all'alchimia, con tutti i rischi del caso. Van Richten in realtà non disprezzava l'interesse dei suoi figli per quella particolare branca scientifica, ritenendola anzi una nobile occupazione. L'importante è che si dessero una regolata. Decise così, pur con le dovute limitazioni (basta droghe, niente più esperimenti illegali, controlli più severi) di assecondarlo. A posteriori, si rivelò un madornale errore: durante uno dei suoi esperimenti, Banner appiccò per sbaglio un incendio nell'ala est del castello, provocando danni ingenti, anche se fortunatamente non vi furono vittime. Bandito dal castello, fu esiliato in un lontano e poco accogliente possedimento minore di famiglia, dove non c'erano i comfort a cui era abituato, non c'erano taverne dove fare bisboccia tutta la notte; c'era effettivamente soltanto un fornaio, il cui prodotto di punta ispirò il nome d'arte che Banner scelse di adottare da quel momento, per dissociarsi dalla sua famiglia d'origine: da quel giorno e per sempre, il mondo lo avrebbe conosciuto con il nome di Banner von Krustenkranz.

Il carro di Banner

Al tempo stesso laboratorio, dimora e mezzo di trasporto, il carro posseduto da Banner è una sorta di grossa borsa conservante su quattro ruote. All'esterno misura 15 piedi di lunghezza, 10 di larghezza e 5 di altezza; ma, una volta varcata la soglia, ci si trova di fronte a un'area grande tre volte tanto. Sulla sinistra, rispetto all'ingresso, c'è il laboratorio - lo spazio adibito alla creazione di estratti e oggetti alchemici, completo di fornace, provette, alambicchi, crogioli...

Camera delle Meraviglie
Camera delle Meraviglie

Subito dietro c'è la zona relax, allestita con un divano letto e comode poltroncine disposte intorno a un tavolino di legno, piccolo ma funzionale; nella parte opposta della stanza è invece stipato quello che appare come un piccolo museo itinerante, o più precisamente una sorta di Wunderkammer (camera o gabinetto delle meraviglie: esposizioni di oggetti curiosi o straordinari, naturali e artificiali, ammassati insieme); nella sezione dei "naturalia" sono esposti principalmente dei fossili, alcuni dei quali apparentemente non riconducibili a nessuna creatura di questo o di altri piani conosciuti; fra gli "artificialia" invece, oltre ad alcuni manufatti particolari come il coltello di Lichtenberg, spicca una collezione di strumenti per la misurazione del tempo; stando alle parole di Aurus di Dhaztanar, precedente proprietario del carretto, alcuni di quegli oggetti conterrebbero dei meccanismi per sbloccare delle aperture segrete, che custodirebbero oggetti favolosi. Banner tuttavia non è mai riuscito a sbloccarli.

Come Banner ottenne il suo carretto

Ogni quattro anni, gli alchimisti più importanti del Faerun si riuniscono per celebrare la loro arte, confrontarsi fra loro e commerciare misture, estratti e formule alchemiche. Lo scenario di queste riunioni è ogni volta diverso, e viene comunicato solo a una cerchia ristretta e selezionata di alchimisti. Banner von Krustenkranz, ancora inesperto, non rientrava nella categoria ma, venuto fortuitamente a conoscenza del luogo e della data di uno di questi raduni, fece in modo di imbucarsi: aveva già un'alta opinione di se stesso e credeva di meritare già un posto fra i migliori. Fu così che conobbe Aurus di Dhaztanar, uno dei più grandi alchimisti della sua epoca. Le progredite conoscenze di Aurus gli avevano permesso di realizzare il progetto di un carro che contenesse uno spazio non dimensionale al suo interno, che aveva poi arredato con tutti i più curiosi oggetti che aveva collezionato nel corso dei suoi lunghi viaggi. Aurus era di umili origini, un self made man che si era pagato da solo gli studi e che si era fatto strada nella vita con le sue sole forze; quel genere di persone che Banner, intimamente, disprezzava e considerava sostanzialmente inferiori a lui. Ma anche se non era nobile, Aurus restava pur sempre uno scienziato illuminato in possesso di favolose conoscenze. Conoscenze che facevano molto gola a Banner, desideroso di apprendere, che quindi si accodò a lui e accettò di riconoscerlo come maestro.

L'ingenuo Aurus
L'ingenuo Aurus
Il fortunato Banner
Il fortunato Banner

Gli alchimisti, è risaputo, non resistono alla tentazione di fare esperimenti su chiunque gli capiti a tiro: Aurus non faceva eccezione, a maggior ragione ora che aveva per allievo uno spocchioso figlio di papà vanitoso e superbo, che non perdeva mai l'occasione per tirarsela. Aurus promise a se stesso che gli avrebbe fatto scontare quel suo irritante atteggiamento. Invitò Banner a cena nel suo carretto e gli versò un bicchiere in cui aveva sciolto un particolare veleno - non letale - di sua invenzione; alla fine della serata, il bicchiere era stato svuotato, ma Banner non manifestava nessuna reazione. Sconcertato, la sera seguente Aurus ritentò lo stesso esperimento, aumentando la quantità del veleno: niente da fare. Seguirono perlomeno altri trenta tentativi, le dosi di veleno sempre più massicce, ma Banner continuava ad uscire da quel carretto sano come un pesce. Esasperato dai continui fallimenti, messe in dubbio per la prima volta nella sua lunga carriera (molto lunga, poiché fra i suoi molti meriti c'era stato anche quello di distillare un elisir dell'eterna giovinezza) le sue capacità di alchimista, Aurus decise di testare su se stesso quel veleno, sperando che le sue ipersviluppate papille gustative lo aiutassero a individuare il problema.
Come ogni alchimista esperto, Aurus riteneva di essere immune ai veleni; ma la mistura che aveva preparato per Banner, e potenziato sera dopo sera per un mese intero, era talmente potente da riuscire addirittura a superare le sue impenetrabili difese. Bastò un solo sorso a porre fine alla sua gloriosa esistenza. Il grande Aurus di Dhaztanar esalò il suo ultimo respiro nella frustrazione, più che nella sofferenza fisica, perché non si capacitava del fatto che un novellino come Banner avesse sviluppato una resistenza ai veleni tanto superiore alla sua... 

Com'era possibile?

Aurus era sì un grande alchimista, ma era anche un grande ingenuo. Aveva versato tutte le sere il bicchiere avvelenato a Banner, ma non si era mai preoccupato di controllare se il suo allievo lo avesse effettivamente bevuto. E Banner infatti aveva soltanto finto di farlo, mentre in realtà, tutte le volte che Aurus distoglieva lo sguardo, lo svuotava nella borsa conservante che portava con sé per occasioni come questa. Perché lo aveva fatto? Per precauzione? Per paranoia? Oppure, in qualche modo, aveva intuito che Aurus intendeva avvelenarlo? Niente di tutto questo. Molto più semplicemente, Banner era schifato: non avrebbe mai bevuto da un bicchiere che proveniva dalla cucina di un plebeo! (per quanto erudito e geniale egli fosse)
L'indomani Banner trovò il cadavere del suo maestro, senza sospettare minimamente quello che era davvero accaduto. Sinceramente addolorato per il fatto di non essere riuscito ad ottenere tutte le informazioni e le conoscenze alchemiche in possesso del suo mentore, si consolò appropriandosi del suo carro.


Banner von Krustenkranz: la maturità

Banner trascorse l'età adulta in relativa tranquillità, nonostante non riuscì mai a liberarsi da una certa irrequietezza di fondo. Doveva ancora trovare il suo posto nel mondo. Nel frattempo, nel suo isolamento approfondì gli studi. Col tempo i sentimenti verso la propria famiglia erano cambiati, mutati in un misto tra il risentimento (era stato pur sempre esiliato), la rivalità nei confronti di papà Rudy, ma anche un certo rispetto per i successi e la fama ottenuti dal suo vecchio. Vi fu anche un abbozzo di riavvicinamento fra i due in occasione di una festa di famiglia, che fu anche l'ultima occasione in cui Banner vide suo padre di persona. Poi, la sua sparizione, improvvisa e misteriosa. I figli intrapresero separatamente delle ricerche per scoprire cosa fosse successo - ricerche che ad oggi non hanno ancora portato a dei risultati concreti.

Banner von Krustenkranz
Banner von Krustenkranz

Fra le polverose carte di Rudolph van Richten, Banner rinvenne invece i suoi scritti ancora inediti, fra cui l'incompiuto Dissertazione sui Vampiri: volume 15. In esso erano stati riportati degli appunti che facevano riferimento ad alcuni particolari casi di vampirismo, fuori dalla norma, su cui van Richten si era ripromesso di indagare al più presto, una volta terminata la misteriosa missione che lo stava impegnando in quel momento (e dalla quale apparentemente non è mai tornato). Fra i casi citati, uno dei più interessanti era senza dubbio quello di un vampiro che agiva in una remota regione a nord, collegato al culto di una antica divinità chiamata Hella; secondo le note di Rudolph van Richten, il vampiro era noto con il nome di Phaleb.

Le Lame di Luce

Per tutta la vita Banner aveva sofferto del paragone col padre, per molti di coloro che l'avevano conosciuto egli non era altro che "il figlio del celebre Rudolph van Richten, il cacciatore di vampiri". Ma un giorno - egli ha solennemente giurato - la sua fama trascenderà quella del padre, e a quel punto le parti si invertiranno. E sarà Rudolph van Richten ad essere ricordato soltanto per essere stato "il padre di Banner von Krustenkranz, il più famoso (fra le numerose altre cose) studioso di vampiri della storia".

Spinto da questa ambizione, Banner intraprese il viaggio che lo portò fino al villaggio di Heldren, alla ricerca di Phaleb - il primo passo nel percorso che lo avrebbe portato a superare Rudolph van Richten nel suo stesso campo. A Heldren si imbatté nelle Lame di Luce ed entrò a far parte della compagnia, rimanendo al loro fianco anche dopo che il mistero di Phaleb fu risolto. Fra un'avventura e l'altra, Banner cominciò a sviluppare idee per un commercio di balsami contro gli acciacchi della vecchiaia ("I rimedi di nonno Banner") di cui anch'egli aveva cominciato a soffrire. E, soprattutto, decise di farsi carico dell'istruzione della sua guardia del corpo, il fido orco Grimgor, con l'obiettivo di trasformarlo nel più grande intellettuale della sua razza (averlo aiutato ad apprendere - fra l'altro - i rudimenti della lingua elfica rappresenta un fondamentale passo in quella direzione).Inserisci qui il tuo testo...

Raro ritratto dell'instancabile nonno Banner
Raro ritratto dell'instancabile nonno Banner